Quando un uomo cavalca un cavallo come il mio Lituano, lor signori possono ben credere che sia capace di compiere altre gesta che a prima vista possono sembrare da fiaba.
Avevamo posto sotto assedio una città, il nome non lo ricordo, ed era della massima importanza, per il feldmaresciallo, sapere cosa stesse accadendo al suo interno. Sembrava impossibile entrare perché sarebbe stato necessario trovare una via attraverso gli avamposti, la Gran Guardia, le strutture avanzate; nessuno aveva il coraggio di assumersi un’impresa così pericolosa. Confidando probabilmente un po’ troppo nel mio coraggio e trasportato dallo zelo, mi misi vicino a uno dei nostri grossi cannoni e, nel momento in cui partì un colpo, saltai sopra la palla, con l’intento di penetrare nella città con questo mezzo; quando fui a metà strada, però, mi colpì una riflessione.
Hum! – pensai – andare, vado ma come ritorno? Cosa mi accadrà una volta arrivato sul posto? Sarò trattato come una spia e appeso al primo albero: non è una fine degna di un Münchhausen!
Stavo facendo queste considerazioni, seguite da molte altre dello stesso tipo, quando vidi una palla che volava a pochi passi da me, diretta dalla fortezza contro il nostro campo; ci saltai sopra e ritornai in mezzo ai miei, senza, è vero, aver realizzato il mio progetto ma perfettamente sano e salvo.